Rissa ultras a Torre del Greco: revocata la misura cautelare e archiviato il Daspo
- Antonio De Martino

- 4 set
- Tempo di lettura: 4 min
Revoca misura cautelare Torre del Greco: la strategia difensiva
Di Redazione – Studio CDM Avvocati · 4 settembre 2025

La telefonata è arrivata nel tardo pomeriggio, mentre il sole rientrava dietro i palazzi di Torre del Greco. Voce tesa dall’altra parte: «Avvocato, mi hanno dato il divieto di dimora. Non posso tornare a casa. Non ho fatto niente, stanno sbagliando».
Il nome era quello che avrei poi scritto in tutti gli atti come S.C.
La vicenda la conoscete: a fine gennaio, due gruppi della tifoseria Turris si sono fronteggiati fuori dallo stadio e in pieno centro. La frattura, maturata da tempo, è esplosa in pochi minuti.
La Procura ha aperto un fascicolo, la Polizia ha eseguito i provvedimenti.
Ventidue persone raggiunte da misure cautelari. Tra loro, S.C., per il quale era stata applicata una misura cautelare poi revocata a Torre del Greco, un divieto che pesava come un cancello chiuso.
Ho iniziato da dove inizio sempre: gli atti.
Li ho letti una volta, poi una seconda, sottolineando in silenzio. Ogni riga è un pezzo di storia, ma non sempre è la storia giusta.
Mancava qualcosa: i video.
Li abbiamo acquisiti. In studio, luce bassa e taccuino aperto, ho fatto partire i filmati. Pausa. Indietro. Avanti di un fotogramma. Un’altra pausa.
Il lavoro più lento è quello che salva il tempo, alla fine. Frame-by-frame, letteralmente.
Cercavo una risposta semplice: S.C. c’era, sì. Ma che cosa faceva?
Minuto dopo minuto, le immagini hanno disegnato una figura che non spinge, non colpisce, non guida.
Presenza non è partecipazione. E in quel confine – stretto, ma decisivo – si giocava tutto.
Con quel materiale ho chiesto un colloquio in Procura. In ufficio, il Pubblico Ministero ha ascoltato. Ho messo sul tavolo gli atti, poi i fotogrammi, e ho ricostruito l’ordine delle cose: dove si trova S.C., cosa accade intorno a lui, cosa non accade da parte sua.
Nessuna scorciatoia, nessuna frase a effetto. Solo il percorso dei fatti.
Non succede spesso, ma quando succede lo senti subito: l’aria cambia. Il PM ha fatto domande puntuali, ha chiesto di rivedere due sequenze, ha preso nota dei tempi. Alla fine, con sobrietà, ha detto che si sarebbe associato alla nostra richiesta di revoca e che avrebbe chiesto lui stesso al GIP di revocare il divieto (art. 299 c.p.p.).
È uno di quei momenti in cui capisci perché vale la pena scomporre un video in cento fotogrammi.
All’interrogatorio di garanzia, il quadro era ormai chiaro. Il Giudice ha preso atto degli atti, della posizione della Procura, e ha guardato i passaggi che contavano. La decisione è arrivata con la sobrietà delle decisioni necessarie: revoca della misura cautelare.
Il cancello si è aperto. S.C. poteva tornare finalmente a casa!
C’era poi un’altra partita, diversa ma collegata: il Daspo. Il procedimento amministrativo era stato avviato in parallelo.
Anche lì abbiamo depositato ciò che serviva: gli stessi elementi, riletti con l’ottica corretta. L’Autorità procedente ha archiviato la pratica.
Nessun divieto di accesso alle manifestazioni sportive. Fine!
Questa, in fondo, è la storia di come si smonta un’etichetta.
Non con frasi altisonanti, ma con pazienza: atti, immagini, diritto. Nell’ordine giusto.
Mi chiedono spesso perché insisto tanto sui video. Perché in casi come questi fanno la differenza. Le immagini non parlano da sole: vanno lette. E quando le leggi bene, con i tempi giusti e senza cercare scorciatoie, raccontano esattamente quello che serve sapere: non «dov’eri», ma «cosa stavi facendo davvero».
Non è una storia di furbizia. È una storia di metodo e di rispetto: rispetto per i fatti, per il lavoro di chi indaga e per la vita di chi rischia di portarsi addosso un errore per anni.
Se hai letto fin qui, forse è perché questa vicenda ti tocca da vicino. Magari hai ricevuto una misura cautelare; magari ti hanno parlato di Daspo.
Il mio consiglio è semplice e concreto: non perdere tempo. Chiedi gli atti, metti al sicuro i video, ricostruisci i passaggi che contano.
Quando i presupposti non ci sono, la legge prevede la revoca. Bisogna solo dimostrarlo bene.
Noi, allo Studio CDM Avvocati, lavoriamo così: niente promesse, niente slogan: analizziamo gli atti, leggiamo i filmati, parliamo nei luoghi giusti con il linguaggio dei fatti.
È quello che è accaduto qui: revoca misura cautelare Torre del Greco, con l’annullamento del divieto di dimora e l’archiviazione del Daspo.
Non tutte le storie finiscono allo stesso modo, ma tutte meritano di essere raccontate bene prima di essere decise.
Qualche ora dopo, mentre riordinavo le note, si è accesa la casella: PEC del GIP.
Poche righe, asciutte come devono essere: revoca del divieto di dimora.
Ho girato l’ordinanza a S.C. e cinque minuti più tardi è arrivato un vocale di tre parole: «Avvocà, siete un grande, siete il numero 1, torno a casa».
La seconda PEC è arrivata a chiudere il cerchio: archiviazione del Daspo. Niente fuochi d’artificio, solo ciò che contava davvero: i fatti rimessi al loro posto.
Noi, in studio, abbiamo fatto quello che facciamo sempre dopo una decisione giusta: abbiamo rimesso al centro il tavolo, gli atti, le immagini, il diritto.
Da lì si riparte, ogni volta.Se ti ritrovi in una storia simile, porta con te documenti e video: li leggeremo insieme, con calma, finché la verità tornerà visibile.


